Il 93% degli italiani non risparmia in monete diverse dall’euro

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Una recente ricerca promossa da Goldman Sachs Asset Management e condotta da Gfk Eurisko ha evidenziato che i risparmiatori italiani si aspettano almeno altri due o tre anni di crisi economica prima di vedere la luce alla fine del tunnel

Una recente ricerca promossa da Goldman Sachs Asset Management e condotta da Gfk Eurisko ha evidenziato che i risparmiatori italiani si aspettano almeno altri due o tre anni di crisi economica prima di vedere la luce alla fine del tunnel. Un po’ meglio di quanto pronosticato dal cancelliere tedesco Angela Merkel, che invece ritiene che l’economia europea soffrirà per altri cinque anni. Gli investitori italiani restano molto prudenti, ma non sono particolarmente pessimisti sul futuro.

Il sondaggio effettuato dalla società di ricerca Gfk Eurisko ha coinvolto 643 risparmiatori che avevano almeno un investimento in corso a settembre 2012. Gli investitori italiano dimostrano scarso interesse per asset denominati in valute diverse dall’euro. Infatti, il 93% degli intervistati non ha investimenti in monete diverse dall’euro, mentre il 70% ritiene che i paesi occidentali siano ancora molto più solidi dei mercati emergenti.

Dai dati raccolti emerge, dunque, che gli investitori italiani hanno un portfolio eccessivamente sbilanciato in investimenti pro-euro e quindi scarsa diversificazione valutaria. Un altro aspetto interessante sul quale riflettere è che gli investitori italiani non sono soddisfatti del rendimento dei loro investimenti. Da qui al prossimo anno non hanno intenzione di aumentare i loro investimenti in Italia e nel resto del mondo. Per ciò che concerne i rendimenti attesi per il 2013 c’è scarso ottimismo.

Un terzo del campione intervistato si aspetta un rendimento nullo, mentre un altro 24% si aspetta di guadagnare meno del 2%, cioè sotto il livello dell’inflazione. Un altro 9% si aspetta di finire in rosso. E’ aumentata anche la percezione del rischio su tutte le asset class, compresi gli strumenti di liquidità. Le azioni sono ritenute più rischiose rispetto al passato dal 79% del campione.

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