Il fallimento dei porti sicuri e la necessità della difesa del capitale.
Soltanto questi, negli ultimi 12 mesi, sono gli investimenti che non hanno, totalmente, deluso gli investitori, procurando essi introiti in grado, almeno, di battere l’inflazione.
► PRO E CONTRO DEGLI INVESTIMENTI A RATE
Tutti gli altri strumenti finanziari, invece, specialmente quelli storicamente considerati quali porti sicuri, si sono rivelati un vero e proprio fallimento, in alcuni casi scontato, in altri decisamente inatteso.
Tra questi citiamo, con incredibile sorpresa della maggior parte degli investitori italiani, anche i titoli di Stato che, da sempre, vengono visti quali investimenti, anche solo in relazione alla difesa del capitale, sicuramente proficui.
Quest’anno, purtroppo, questa basilare verità dei mercati è stata completamente stravolta e chi, ad inizio 2011 avesse investito 100 euro in un BTP inflation linked con scadenza nel 2014, si ritroverebbe, oggi, a fare i conto con una consistente perdita.
Nel campo, invece, dei fallimenti per così dire attesi, ovverosia quelli considerati scontati, quali, per esempio gli investimenti in titoli bancari, la sorpresa è stata relativa all’entità della perdita che,, nei casi peggiori, si è rivelata prossima al 50% anche per banche, che, nonostante la grande crisi degli ultimi anni, mostravano, ad inizio anno, fondamentali decisamente solidi e sicuramente propizi.
Da tutto ciò, comunque, si può trarre una lezione fondamentale: la fine dei porti sicuri e la consapevolezza che, da oggi in poi, l’investitore che voglia anche cercare di ottenere un rendimento, più o meno cospicuo che sia, oltre alla mera conservazione del capitale, obiettivo considerato di tutto rispetto anche dai fondi d’investimento che, invece di strane e moderne diavolerie strutturate, stanno cominciando ad offrire moltissima liquidità, possa soltanto scegliere tra il meno peggio e non possa, quindi, concedersi il lusso di pretendere il meglio.