Saper scegliere tra dividendi e cedole obbligazionarie

di Redazione Commenta

Puntare sui dividendi, piuttosto che sulle cedole obbligazionarie dei titoli di Stato, potrebbe essere una strategia vincente per il 2011.

Da un’accurata analisi dei mercati finanziari europei, condotta osservando gli andamenti dei listini azionari per ben 24 mesi, emerge come l’investimento in azioni, contrapposto, per esempio, ad un investimento in obbligazioni a basso rischio per il 2011, sia estremamente vantaggioso.

Il motivo di tutto ciò sarebbe da ricercarsi in una tendenza che non si registrava dai lontani anni ’50.


SOCIETÀ SENZA DEBITI PER INVESTIRE

Stiamo parlando, infatti, della crescita generale degli utili aziendali che, in questi ultimi anni, ha fatto si che lo speculatore azionario potesse contare non soltanto sui guadagni derivanti dalle variazioni del prezzo del mercato bensì anche, e soprattutto, sulla regolare distribuzione dei dividendi.

Incassare, regolarmente, parte degli utili conseguiti anno dopo anno dalle aziende, rappresenta sicuramente un valore aggiunto che, lo speculatore più accorto, non si lascerebbe sfuggire facilmente.

Il basilare meccanismo di funzionamento dei dividendi assomiglia, moltissimo, a quello delle cedole obbligazionarie dei titoli di Stato. Non è raro, dunque, osservare abili speculatori spostare ingenti capitali da una forma di investimento all’altra per sfruttare i momenti favorevoli che interessano l’una e l’altra.

ANDAMENTO DEI LISTINI AZIONARI NEL 2011

Come accennavamo all’inizio, però, l’investimento azionario in dividendi aziendali è maggiormente vantaggioso rispetto a quello in cedole obbligazionarie statali.

Il crollo delle quotazioni azionarie, cominciato con il 2008, ha fatto si che aumentasse non soltanto il rischio bensì anche i possibili rendimenti che, oggi, si assestano sul valore medio del 3,6% e con previsioni di crescita sino al 4,5%.

Al contrario, il rendimento offerto dai Bund decennali tedeschi (che è bene ricordare come siano i più solidi, tanto da venir presi come riferimento per i simili investimenti di altre nazioni) è fermo al 2,9%.

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