Investire in titoli di stato a rischio quasi nullo

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Da quando è scoppiata la crisi del debito pubblico nell’area euro, l’investimento in titoli di stato è diventato meno sicuro rispetto al passato

Da quando è scoppiata la crisi del debito pubblico nell’area euro, l’investimento in titoli di stato è diventato meno sicuro rispetto al passato. Le agenzie di rating hanno abbassato a più riprese i loro giudizi sugli Stati sovrani, che fino a poco tempo prima venivano valutati come emittenti ad alta affidabilità creditizia. Dopo il salvataggio della Grecia, è toccato ad altri paesi europei. A quel punto si è capito che l’investimento free-risk è quasi scomparso. Oggi sono sempre meno i paesi che possono vantare il rating più alto, ovvero la Tripla A.

Questi paesi vengono considerati quasi privi di rischio. Negli ultimi due anni sono usciti dal club della Tripla A anche Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna. Nell’area euro i paesi che conservano il rating AAA delle tre principali agenzie (S&P, Moody’s, Fitch) sono ancora Germania, Finlandia, Lussemburgo e Olanda. Tra i paesi non-euro il rating AAA viene mantenuto da Danimarca, Norvegia e Svezia.

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I rendimenti offerti sono chiaramente irrisori. In termini reali, ovvero depurati dall’inflazione, il rendimento è negativo. Insomma, di questi tempi la sicurezza si paga cara. Per fare un esempio il Bund decennale tedesco rende poco più dell’1,2%, un valore più basso dell’inflazione media nell’area euro. Per trovare rendimenti più appetibili tra i paesi con rating AAA bisogna andare in Australia, Norvegia o Canada.

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Il decennale australiano rende poco più del 3,4%, quello norvegese il 2,15%, quello canadese poco meno dell’1,9%. L’Australia paga un premio più alto, in quanto ha un’economia legata a doppio filo con l’andamento delle commodity. Norvegia e Canada piacciono per la loro solidità delle finanze pubbliche e per la stabilità della loro valuta. Nonostante non abbiano più il rating AAA di S&P, restano un porto sicuro anche gli Stati Uniti, che però offrono tassi decennali inferiori al 2%.

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