Bot da rinnovare a scadenza metodo sconsigliato

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I risparmiatori italiani sono mediamente soggetti molto abitudinari. Tendono a comprare più o meno gli stessi strumenti finanziari in ogni particolare fase del mercato, senza curarsi più di troppo dei pro e i contro dell’investimento

I risparmiatori italiani sono mediamente soggetti molto abitudinari. Tendono a comprare più o meno gli stessi strumenti finanziari in ogni particolare fase del mercato, senza curarsi più di troppo dei pro e i contro dell’investimento. I titoli di stato sono il vero grande amore degli italiani, forse perché agli inizi degli anni ’80 rendevano addirittura più del 20% quando però l’inflazione galoppava a due cifre dopo lo scoppio del secondo shock petrolifero del 1979-1980. Gli italiani comprano i titoli di stato quasi sempre per mantenerli fino alla scadenza.

Bot e Btp sono titoli a capitale garantito che, al di là degli alti e bassi dello spread, prevedono il rimborso integrale del valore nominale oltre agli interessi. Sotto questo punto di vista il rischio si riduce soltanto a due componenti: rischio-inflazione e rischio-emittente. Nel primo caso l’eventuale aumento del costo della vita provocherà l’erosione del capitale, mentre nel secondo caso una parte dell’investimento potrebbe andar perso in caso di default o ristrutturazione del debito.

COME INVESTIRE PER BATTERE L’INFLAZIONE NEL 2013

I risparmiatori italiani apprezzano molto le oscillazioni molto contenute di Bot e Btp di breva termine, ma a volte la ricerca quasi ossessiva della sicurezza può costare in termini di rendimento. Angelo Drusiani, gestore obbligazionario per Banca Albertini Syz, ricorda che soprattutto in passato c’era l’abitudine di comprare un Bot e di rinnovarlo sempre a scadenza.

INVESTIRE IN TITOLI DI STATO DI PAESI EMERGENTI

Ad esempio, comprare 5 Bot annuali anziché un Btp quinquennale. Da un lato il rischio diventava quasi nullo, dall’altro il rendimento atteso sempre più basso. Tuttavia, Drusiani ricorda che nei momenti peggiori della crisi, però, come a fine 2011 o la scorsa estate, c’è stata “una momentanea disaffezione verso i titoli di stato a favore dei conti deposito, che offrivano rendimenti competitivi ed erano percepiti come più sicuri”. Le recenti aste hanno nuovamente invertito la tendenza.

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