Titoli di stato italiani non sono più sicuri?

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Negli ultimi tempi sul web e sui social media si stanno intensificando le voci secondo le quali da inizio anno i titoli di stato italiani ed europei non sono più sicuri. Quanto c’è di vero in questi rumors?

Negli ultimi tempi sul web e sui social media si stanno intensificando le voci secondo le quali da inizio anno i titoli di stato italiani ed europei non sono più sicuri. Quanto c’è di vero in questi rumors? Tutto parte dalla firma del Decreto n. 96717 del 7 dicembre 2012, che ha introdotto anche in Italia le cosiddette “clausole di azione collettiva” (Cac) a partire dal 1° gennaio 2013. Ciò vuol dire che ora tutti i titoli di stato italiani di nuova emissione con durata superiore a 12 mesi (i Bot sono quindi esclusi) contengono queste clausole.

Si tratta di disposizioni che disciplinano le regole nell’area euro per le procedure di rinegoziazione del debito nel caso di Stati sovrani in difficoltà finanziarie. Il fatto che siano entrate in vigore le clausole “Cac” non vuol dire che gli Stati sovrani faranno maggiormente ricorso a un processo di rinegoziazione-ristrutturazione del debito.

Dopo il maxi-salvataggio della Grecia è stato necessario mettere dei paletti su questo punto. Le clausole non si applicano alle riaperture, ovvero i titoli “off the run” (non più in corso di emissione), che vanno in asta anche nel 2013. Quindi, si tratta di emissioni obbligazionarie precedenti che vengono riaperte e che quest’anno possono toccare un massimo del 45% dei collocamenti da parte del Tesoro.

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Ciò vuol dire che sul mercato obbligazionario area euro ci sono due tipologie di titoli: coperti da clausole e sprovvisti di clausole. Secondo gli esperti di Unicredit, nel 2018 il rapporto tra queste due categorie sarà paritetico. I risparmiatori temono che i titoli senza Cac siano meno esposti a episodi di ristrutturazione del debito. La verità è che se uno Stato sta per fallire, non ci sono clausole in grado di tenere lontano i rischi.

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In generale, bisogna sapere che la Cac introdotta prevede che la ristrutturazione del debito avvenga on il via libera degli obbligazionisti che rappresentano il 75% del titolo o dei titoli interessati. Se è impossibile chiamare a raccolta fisicamente tutti gli investitori, c’è la possibilità di una risoluzione firmata dai due terzi. Lo scopo è impedire che una piccola parte dei creditori tratti le condizioni, scatenando contenziosi in grado di protrarsi per anni.

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